Berlinale, cala il sipario sul festival, assegnati gli Orsi d’oro e d’argento

                    PILLOLE FESTIVAL CINEMA BERLINO

Berlinale Palast

Flaminia Bussotti

Berlino – È calato il sipario sul festival del cinema di Berlino, la 74/a Berlinale e ultima del direttore artistico italiano Carlo Chatrian. Gli Orsi d’oro e d’argento per i 20 film in concorso sono stati assegnati in una cerimonia al Berlinale Palast la sera del 24 febbraio. La scelta dei vincitori ha sollevato non poca sorpresa e delusione. Molto politico, più del solito, il tenore dei film e delle dichiarazioni degli artisti: solidarietà ai palestinesi a Gaza, appelli a un cessate il fuoco, sfoggio di kefiah palestinese sul palco e condanna di quello che senza mezzi termini è stato definito il genocidio da parte di Israele. La giurata Jasmine Trinca, che recita anche nella serie sul porno attore Rocco Siffredi, Supersex, presentata nella sezione dei Berlinale Special, consegnando un Orso, ha detto di “voler alzare la voce” e chiesto la fine dei bombardamenti a Gaza agitando il pungno destro in aria.

Tappeto rosso a premiazione

L’Orso d’oro per miglior film è andato a un documentario: Dahomey, della giovane francese di origine senegalese, Mati Diop. È il racconto della restituzione della Francia al Benin di 26 opere d’arte, su 7.000 razziate in epoca coloniale. Il documentario (durata 67 minuti) mostra il viaggio di ritorno delle 26 sculture lignee, dal loro imballaggio al museo parigino del Quai Branly al rimpatrio trionfale con cerimonia di accoglienza delle autorità locali a Porto-Novo. È un documento di forte suggestione narrativa ed estetica, e fa centro su un tema di grande attualità in Francia come in Germania, quello del colonialismo e le resitituzioni. Si tratta comunque di un documentario, non di un film, dopo che anche lo scorso anno a vincere l’Orso d’oro non era stato un film ma il documentario del francese Nicolas Philibert, Sur l’Adamant, sulla nave sulla Senna adibita ad ambulatorio per persone con disturbi mentali. Anche qualche anno prima, nel 2016, era stato un altro documentario, Fuocoammare di Gianfranco Rosi, a vincere l’Orso d’oro. E la domanda fra i critici è se siano i buoni film a scarseggiare o se il documentario sia stato promosso a status di film tout court. 

Margherita Vicario al debutto con Gloria

A mani del tutto vuote invece i due film italiani in concorso: Gloria di Margheria Vicario e Another End di Piero Messina.

Another End, Gael Garcia e Piero Messina

Orso d’argento Gran Premio della Giuria, presieduta da Lupita Nyong’o, a A Trveller’s Needs di Hong Sang-soo con Isabelle Huppert. Argento (Premio della Giuria) anche a un altro film francese, L’Empire di Bruno Dumont, rilettura surreale e irriverente di Star Wars. Orso d’argento per la migliore regia è andato al domenicano Nelson De Los Santos Arias con Pepe sull’improbabile trapianto di ippopotami africani in Colombia nelle grinfie del narcotrafficante Escobar. La vicenda è narrata da un ippopotamo fantasma importato illegalmente, che alla fine viene ucciso e sopravvive come spettro. A chiarire il messaggio c’ha pensato lo stesso regista ricevendo la statuetta: “oggi abbiamo un problema, non riusciamo a ragionare oltre i limiti imposti dall’imperialismo americano”.

Pepe, l’ippopotamo trapiantato in Colombia

Orso d’argento per il miglior protagonista all’attore americano di origine romena, Sebastian Stan, nel film A Different Man di Aaron Schimberg. L’Orso per non protagonista (a Berlino è stata abolita la differenza di genere fra ruolo maschile e femminile) è andato a Emily Watson in Small Things Like These di Tim Mielants con protagonista Cillian Murphy. L’Orso d’argento per la migliore sceneggiatura è andato al tedesco Matthias Glasner per Sterben (morire), di cui è anche regista. L’Orso d’argento per la fotografia è andato all’austriaco Martin Gschlacht per Der Teufels Bad (il bagno del diavolo, espressione che nel ‘700 stava a indicare la depressione), il quale ha voluto condividere il premio con i registi Veronika Franz e Severinn Fiala che ha chiamato anche sul palco.

A Different Man, Sebastian Stan

Martin Gschlacht, direttore fotografia in Il Bagno del Diavolo, Des Teufels Bad

Nessun riconoscimento anche al bel documentario del russo esule a Berlino, Victor Kossakovsky, Architecton: una riflessione sull’architettura moderna e l’uso scriteriato del cemento, fra i maggiori produttori di CO2, e confronto con le opere del passato che duravano millenni e non devastavano l’ambiente. Accompagnano la narrazione l’architetto italiano Michele De Lucchi e immagini potenti sulla distruzione di edifici per la guerra in Ucraina o i terremoti in Turchia e Italia.

Der Teufels Bad, regista Veronika Franz (e Severin Fiala)

E mani vuote anche per il bel film iraniano My Favorite Cake, la mia torta preferita, di Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeh che non sono stati autorizzati dal regime a venire a Berlino.

Molto tiepidi fino a critici i commenti sulla stampa tedesca: per la Frankfurter Allgemeine Zeitung la scelta dei film premiati mostra che non c’era nessun film che veramente si imponesse sugli altri per qualità. Per il Tagesspiegel la Berlinale 74 era un’accozzaglia di film che nessuno ricorderà più una volta chiuso il festival.

 

Berlinale, Martin Scorsese, un Orso d’Oro alla carriera

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Martin Scorsese alla Berlinale

Flaminia Bussotti

Berlino –  Accanto agli Orsi d’oro e d’argento per i 20 film in concorso, la 74/ma edizione del festival del cinema di Berlino ha assegnato anche un Orso d’Oro alla carriera a Martin Scorsese (81 anni), il gigante italoamericano, autore di capolavori che hanno segnato apici nella storia del cinema, come Taxi Driver (Palma d’Oro a Cannes nel 1975), Toro Scatenato (1980), Gangs of New York (2002), The Departed (2006, Oscar nel 2007), The Irishman (2019) e The killers of the Flower Moon, candidato quest’anno a dieci Oscar a Los Angeles. Anche la Mostra del Cinema di Venezia gli aveva consegnato un Leone d’Oro alla carriera nel 1995. Di Scorsese la Berlinale presenta tre pellicolle (After Hours, Made in England: the films of Powell and Pressburger, The departed) e il regista ha partecipato di persona alla premiazione e anche a una conferenza stampa.

Martin Scorsese alla conferenza stampa con il direttore della Berlinale Carlo Chatrian

Alla conferenza stampa il 20 febbraio, Scorsese era commosso e divertito, stava al gioco dei giornalisti rispondendo a tutte le domande, anche le più personali e apparentemente strampalate. Come quella di un giovane bulgaro che, insieme a lunghi elogi, gli ha chiesto se poteva recitargli delle battute dal suo film The Departed, assicurandolo che era davvero molto bravo. Sorridente e senza batter ciglio, Scorsese ha acconsentito e ha ascoltato con attenzione e divertito l’improvvisato attore.

Il suo legame con Berlino e la Berlinale è antico: “per me la Berlinale è veramente importante” perché è qui che abbiamo presentato nel 1980 in anteprima Toro Scatenato, ha detto la sera alla cerimonia della consegna del premio, dove si è presentato accompagnato dalla figlia Francesca: “C’è un posto molto speciale nel mio cuore per Berlino”.

All’incontro con la stampa qualche ora prima, fra consigli professionali e racconti della sua lunghissima carriera, Scorsese evoca anche qualche ricordo privato: “la lasagna di mia madre era strepitosa e per fortuna mia figlia Cahty, che porta il suo nome, ha il suo stesso talento in cucina, sono felice”. E reagisce con spirito e ironia a domande, richieste e inviti della stampa accreditata: a una giornalista georgiana che lo ha invitato a recarsi nel suo paese a bere un bicchiere di ottimo vino, Scorsese ha sorriso entusiasta e accettato di corsa l’invito.

E poi a raffica una serie di riflessioni in risposta a una scarica di domande. Come si definirebbe in una sola parola? “Un mistero”! La fama? Col tempo ha imparato a conviverci e gli fa meno effetto che da giovane: “l’importante è potermi sentire sempre libero di ricominciare daccapo e capire chi voglio essere veramente, anche se, certo, anche con gli anni, non si perdono nè l’ambizione nè l’ego. E ancora: “non penso affatto che il cinema stia morendo, si trasforma, la tecnologia cambia così velocemente, ma quel che conta è la voce individuale, che sia Tiktok o un film: “non dobbiamo farci impaurire dalla tecnologia, ma controllarla”. Fare un film con Steven Spielberg? “Sarebbe molto divertente”, ma insieme finora abbiamo solo coprodotto il film “Maestro”. Il momento migliore della sua vità? Privata o professionale?, domanda di rimando scherzando: “credo che il migliore sia stato una pubblicità per Armani negli anni ’80. Era uno spot per un profumo e conoscere Armani è stato magnifico, se poi gli sia servito nelle vendite non lo so”. Progetti? Un film su Gesù, ma è solo un’idea al momento, dice ricordando anche un suo incontro con il Papa. L’idea del film è legata alla mia infnaza nella Lower East Side a New York, sono sempre stato interessato al Cristianesimo e sto pensnado di farci un film: sarà “provocatorio e divertente” ma “non ho ancora le idee chiare, non sono sicuro”. Sente il peso del passare del tempo? So che la vita è breve e l’arte è il modo migliore di usare il tempo; sono conscio della brevità della vita, so che morirò, è una verità oggettiva, “ma non siamo costretti a pensarci sempre”! 

 

 

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di Flaminia Bussotti

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Una Trabi per festeggiare il Muro

IL DEUTSCH ITALIA 8 Novembre 2019
 

Kauri CAB X David Cerny - Quo Vadis - Berlin 2019 © Saskia Uppenkamp

Kauri CAB X David Cerny – Quo Vadis – Berlin 2019 © Saskia Uppenkamp
 

Cerny - Quo Vadis - Berlin 2019 © Saskia Uppenkamp

Cerny – Quo Vadis – Berlin 2019 © Saskia Uppenkamp

Cerimonie solenni, festeggiamenti, rievocazioni, concerti e discorsi: un profluvio di eventi si sussegue a Berlino da giorni per commemorare il 30° anniversario del Mauerfall, la caduta del Muro. Fra i protagonisti della festa, accanto alla Cancelliera Angela Merkel, al Presidente Frank-Walter Steinmeier, i colleghi dei Paesi di Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica ceca e Slovacchia), anche loro beneficiati dalla fine della Cortina di ferro, c’è anche una imponente Trabant, l’utilitaria di simil cartapesta della vecchia DDR. Una Trabi antropomorfa in formato XXL, opera del celebre artista ceco, David Cerny, provocatore e dissacratore che in passato ha pagato la sua irriverenza anche con la galera, e autore della famosa installazione “Entropa” che fece scandalo a Bruxelles. La sua scultura, in bronzo dorato alta circa tre metri e dotata di quattro zampe elefantiache con tanto di genitali, è intitolata Quo Vadis. L’artista si era ispirato alla fiumana umana di tedeschi dell’Est che per settimane aveva

Cerny - Quo Vadis - Berlin 2019 © Flaminia Bussotti

Cerny – Quo Vadis – Berlin 2019 © Flaminia Bussotti

assediato l’Ambasciata della Germania occidentale a Praga a settembre e ottobre 1989 nella speranza di fuggire a Ovest. Migliaia di cittadini della DDR si rifugiarono nella sede diplomatica di Bonn, creando una vera emergenza politica oltre che sanitaria e logistica, e rischiando un drammatico incidente diplomatico con il regime di Berlino Est e di conseguenza con Mosca. Tutto finì per il meglio e quei primi profughi della DDR, arrivati a Praga con le loro Trabant che poi abbandonavano a ogni angolo delle strade (la Capitale dell’allora Cecoslovacchia era in quei giorni un parcheggio di Trabi a cielo aperto) furono i primi a picconare il Muro di Berlino. In un celeberrimo discorso, mai ultimato, dal balcone dell’Ambasciata di Praga – dove al suo interno e nel giardino, in condizioni pazzesche in tende, sacchi a pelo, brandine e fango per la pioggia, erano ammassati circa 4.000 profughi della

Hans-Dietrich GenscheTúrelio © CC BY-SA 2.0 Flickr

Hans-Dietrich GenscheTúrelio © CC BY-SA 2.0 Flickr

DDR – il ministro degli Esteri Hans-Dietrich Genscher il 30 settembre 1989 annunciò la fine di un incubo. Anzi non riuscì nemmeno a fare l’annuncio perché la folla aveva capito e lo anticipò. «Wir sind gekommen, um Ihnen mitzuteilen…», siamo venuti per annunciarvi… Quella frase, passata alla storia, Genscher non la poté mai finire: la gente aveva capito, non aspettava da settimane che quelle parole e quando udì le prime battute capì e scoppiò in grida di giubilo. Al paludato e navigatissimo decano della diplomazia europea non restò che gioire assieme alla folla.

Quelle ore, quei travagli e quelle emozioni dell’esodo tedesco orientale furono plasticamente immortalati nella scultura di David Cerny, la Trabi “Quo Vadis”, un cui esemplare svetta dal 2001 solitario e protagonista nel prato di Palais Lobkowitz, il sontuoso palazzo barocco sede dell’Ambasciata della Germania unificata. Un’altra copia di Quo Vadis è da giorni in tour in Germania in occasione del trentennale dalla caduta del Muro. Prima è stata portata a Kiel, dove si è svolta il 3 ottobre la cerimonia ufficiale con la Merkel per i 29 anni dell’Unificazione, e poi è stata trasferita a Berlino, dove ieri è stata esposta al pubblico nella grande piazza Walter Benjamin Platz in presenza dell’artista.

La Trabi nel giardino dell'Ambasciata tedesca a Praga © Saskia Uppenkamp

La Trabi nel giardino dell’Ambasciata tedesca a Praga © Saskia Uppenkamp

David Cerny (52 anni) è molto noto nella Repubblica ceca, ma non solo. Si è fatto un nome di tutto rispetto come artista provocatore. La sua opera più irriverente, che scatenò un incidente diplomatico, un mare di polemiche, e costrinse il Governo ceco a scusarsi, è Entropa, l’installazione esposta a Bruxelles in apertura del semestre di presidenza ceca della UE a gennaio 2009 e poi, a causa di critiche, rimossa. Raffigurava una carta europea con gli Stati membri simbolizzati attraverso gli stereotipi. La Gran Bretagna, dato lo scarso europeismo inglese, non veniva affatto rappresentata. La Francia era raffigurata con la scritta “sciopero”, la Spagna una colata di cemento, la Svezia una scatola di Ikea e l’Italia un campo da calcio, con i giocatori e il pallone stretto davanti ai genitali, suscitando l’impressione che si masturbassero. Ma peggio di tutti ne uscì la Bulgaria, ricoperta da un manto di cessi alla turca. Iconografia che fece infuriare Sofia, tanto da costringere alle scuse il Governo di Praga.

David Cerny e Flaminia Bussotti durante l'intervista

David Cerny e Flaminia Bussotti durante l’intervista

Prima di Entropa, Cerny si era fatto un nome come artista nel 1991 quando, ancora studente delle Belle arti, dipinse di rosa un carro armato sovietico, considerato allora monumento nazionale, e venendo per questo anche messo qualche giorno al fresco. Oggi il mordente polemico non gli è venuto meno. “Come giudica la situazione 30 anni dopo la fine della guerra fredda? Deludente. E nel suo Paese? Una schifezza”, si può dire ricapitolando il suo pensiero, soprattutto per le simpatie filorusse del Governo e del Presidente Zeman. “E perché per l’Italia in Entropa ha scelto l’abbinata calcio e onanismo? In genere si usano altri cliché, quello più gettonato è la mafia… Beh, non volevamo esagerare e provocare l’ira di troppi Stati. Già bastava la Bulgaria”. Flaminia Bussotti Il Deutsch Italia Produzione riservata.

Vedi Articolo Il DEUTSCH ITALLIA 8.11. 2019 Il Deutsch Italia https://www.ildeutschitalia.com/scenari/avvenimenti/una-trabi-per-festeggiare-il-muro/  

Dopo 30 anni sulla breccia, quale futuro per Angela?

(C) Il Messaggero

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“Barenboim è un tiranno manesco” A Berlino la rivolta degli orchestrali

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IL PERSONAGGIO BERLINO Il monumento non è crollato ma mostra vistose crepe: Daniel Barenboim, ex enfant prodige e oggi genio musicale planetario, è accusato da numerosi musicisti della sua orchestra, la prestigiosa Staatskapelle della Staatsoper Unter den Linden a Berlino, Continua a leggere