Grünen, vacilla stella Habeck, accuse clientelismo a ministero economia e clima

IL FOGLIO 15 Maggio 2023

Berlino – La parola più neutra, e blanda, è nepotismo. Le più dure, e colorite, fioccate a iosa in questi giorni per qualificare lo scandalo scoppiato al ministero dell’Economia e del Clima tedesco, sono clientelismo, corruzione, favoritismi, cordate, clan, mafia. L’accusa è che il ministero verde si sia trasformato in una specie di agenzia di collocamento per esperti, amici e parenti dei Grünen. Non è uno dei tanti ritornelli che accompagnano la politica (e poi si smontano), un caso gonfiato ad arte nelle dinamiche fra governo e opposizione specie in tempi di campagna elettorale, o difficili come questi con la guerra in Ucraina e l’emergenza energetica. Questa volta non è un rumore di sottofondo passeggero, ma uno scandalo fragoroso dall’esito imprevedibile, i cui cerchi si allargano come un sasso nello stagno rischiando di fare affogare chi si trova al centro. E al centro c’è Robert Habeck, ministro dell’Economia e del Clima, e vicecancelliere del governo semaforo a Berlino. La star dei Verdi, il politico scrittore, filosofo con il dono dell’oratoria, dal look fascinoso e aura di scapigliato esistenzialista, che calamita simpatie e primeggia nei sondaggi. O meglio primeggiava. Se fino a poco tempo fa Habeck stracciava il cancelliere Olaf Scholz nei consensi, se era l’astro della coalizione fra socialdemocratici, verdi e liberali e sembrava lo sfidante naturale dei Grünen per la cancelleria nel 2025, adesso le cose sono cambiate. Habeck è crollato nei sondaggi trascinando con sé anche il partito (-5 punti). La causa scatenante è il sottosegretario, e suo uomo di fiducia, Patrick Graichen, funzionario di fede verde, e competenza indiscussa, potentissimo, che ha in mano l’intero dossier energetico, ma che si è allargato troppo. La pietra che ha messo in moto la valanga è stata la nomina alla guida dell’Agenzia tedesca per l’energia (Dena), uno di quei posti di top manager da 200.000 euro l’anno, di un suo intimo amico, Michael Schäfer, che è stato anche il suo testimone di nozze, tanto che lo scandalo è stato ribattezzato il “caso del testimone di nozze”. Nella selezione per l’incarico sono stati esaminati undici candidati e in commissione c’era anche Graichen, la cui influenza sugli altri commissari, essendo lui il funzionario più alto in grado al ministero, si è fatta sentire anche se non si è intromesso direttamente. Il voto in favore di Schäfer è stato infatti unanime. Il 5 aprile la Dena, agenzia di proprietà dello stato, annuncia la nomina di Schäfer. Ma le voci e i mugugni dentro il ministero corrono e la stampa comincia a ficcare il naso. Solo dopo la nomina, e alla luce dei tanti rumors , Graichen informa Habeck che Schäfer è suo amico. Troppo tardi, la macchina investigativa dell’informazione era già partita e Spiegel e Bild avevano cominciato a indagare sulla rete di intrecci familiari al ministero dell’economia. Nel frattempo i giornali hanno pubblicato un lungo albero genealogico con tutte le diramazioni verdi al ministero come se si trattasse di una dinastia araldica e l’effetto è devastante. In testa ai funzionari, sotto al ministro Habeck, c’è il sottosegretario Graichen, e poi un altro sottosegretario verde, Michael Kellner. Una linea porta a un fratello di Graichen, Jakob, e un’altra a una sorella, Verena, impiegati di alto livello in due istituti di ricerca ecologica su energia e clima che lavorano per il governo. Inoltre, la sorella Verena Graichen è sposata con Kellner, per cui i due sottosegretari sono cognati. Un’altra vecchia conoscenza di Graichen, Rainer Baake, ex sottosegretario all’economia, è inviato speciale di Habeck per la cooperazione energetica e climatica Germania-Namibia. Nel 2012 Graichen, la cui missione è realizzare l’agenda verde, aveva fondato con Baake la società Agorà, un think tank per la transizione energetica. Dal 2014 Graichen ne è il presidente e in tale funzione ha elaborato delle proiezioni per lo scenario di un ingresso al governo dei Verdi: per sé aveva previsto il posto di sottosegretario all’energia, ambizione divenuta realtà con Habeck. Le sue elaborazioni sono servite di fatto da traccia per i Verdi nei negoziati per la formazione del governo semaforo oltre un anno fa. Nel 1996 Graichen era entrato nel partito dei Grünen divenendo nel 2001 responsabile per la tutela internazionale del clima sotto il ministro dell’ambiente verde, Jürgen Trittin, nel primo governo rosso-verde di Gerhard Schröder. Nel 2021, con il governo Scholz, Habeck lo ha voluto con sé. Ed è lui ora che ha messo a punto i piani del ministero per far fronte alla crisi energetica dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e lo stop alle importazioni del gas russo. Ed è sempre lui che spinge nella svolta energetica verso l’elettrico, inclusa anche la controversa pompa di calore per sostituire i combustibili fossili, che sta dividendo il paese. Secondo il piano Habeck-Graichen, dal 2024 gli impianti dei vecchi termosifoni a gas e gasolio saranno vietati e il 65 per cento di quelli nuovi dovranno essere alimentati da energie rinnovabili (in primis la pompa di calore). Cambiamenti di vasta portata e immensi costi che spaventano le famiglie anche se il governo ha promesso compensazioni: i pensionati che non hanno i soldi per modernizzare gli impianti, e non hanno chance di avere un prestito in banca, rischiano di perdere la casa e finire in povertà, argomentano gli avversari del piano. Il caso è esploso, e da giorni domina il dibattito politico. Sia Graichen che Habeck hanno ammesso che è stato fatto un errore, che è stata commessa, anche se non c’è stato un intervento diretto di Graichen nella nomina di Schäfer, una violazione delle norme di trasparenza che vigono nel ministero. La nomina di Schäfer è stata quindi annullata ed è stato indetto un nuovo concorso per l’incarico. Ma se con ciò il caso sarebbe chiuso per ministro e sottosegretario, non lo è affatto per i media, per l’opposizione Cdu, che non dà tregua al governo, e non lo è nemmeno per l’opinione pubblica. Il caso Graichen è diventato in realtà il caso Habeck. L’opposizione chiede le dimissioni di Graichen e in subordine quelle di Habeck. Per ora l’opposizione ha ottenuto un’audizione parlamentare di Habeck e Graichen in commissione Economia e Clima, che si è svolta mercoledì a porte chiuse, ma la Cdu ha già fatto capire che non le basta e che potrebbe chiedere la nomina di una commissione di inchiesta parlamentare: che sarebbero guai non solo per Habeck ma anche per il governo di Olaf Scholz. Il ministro tiene duro e fa quadrato attorno al suo sottosegretario. Intervistato dall’Ard la sera stessa dell’audizione al Bundestag, Habeck ha ostentato spavalderia ma era anche insolitamente aggressivo e suscettibile, come hanno rilevato parecchi media. Si è visto un altro Habeck, sottolineava la Süddeutsche Zeitung. Non intende sacrificare una persona per salvare la sua pelle, Graichen resta al suo posto, ha annunciato, accusando l’opposizione di attaccarlo “con durezza e quasi cattiveria con insinuazioni, offese e in parte bugie”: ma “io non sono pronto a sacrificare gli uomini per cedere a questa campagna”. L’opposizione ci specula montando una campagna denigratoria perché vuole sabotare i piani di transizione ecologica di Habeck, è la lettura dei Verdi rilanciata con veemenza anche dall’ex ministro dell’ambiente Trittin. Ma il problema resta e non basta fare la voce grossa quando tutto il paese scuote la testa, sanziona i Verdi nei sondaggi, e cataloga l’affaire come l’ennesimo caso di corruzione politica. Un sondaggio dell’Ard dà Habeck in picchiata: solo il 30 per cento dei tedeschi difende il suo operato, un calo di cinque punti rispetto a metà aprile, mentre il primo posto in popolarità che occupava da tempo gliel’ha soffiato il ministro della difesa Boris Pistorius (Spd). Il ministro trascina giù anche il partito: i Verdi sono attorno al 15-16 per cento, rispetto al 20 e oltre che avevano qualche mese fa. Come evolverà il caso? Per Alexandra Föderl-Schmid, vicedirettrice della Süddeutsche Zeitung, il quotidiano liberal che segue da vicino la vicenda: “E’ la prima volta che il vicecancelliere è coinvolto in un caso politicamente pericoloso, finora ha sempre brillato e fatto bella figura, piaceva anche perché è riuscito ad assicurare il gas ai tedeschi durante la crisi energetica, a parte le critiche per avere incontrato lo sceicco del Qatar. Ma adesso è in gioco la sua credibilità politica, si parla di nepotismo, di corruzione, per i Verdi è uno scenario pericoloso”. “Si rifiuta di licenziare Graichen e ha avuto una reazione di ripicca, un comportamento nuovo”. Cosa rischiano lui e il governo? “Per i Verdi è davvero molto grave perché la correttezza politica era il loro credo e questa ora è drammaticamente compromessa”. Anche la ministra degli esteri verde Annalena Baerbock ha barato un po’ durante la campagna elettorale per strappare la candidatura per la cancelleria (finita male), e forse ora non è troppo dispiaciuta dei guai di Habeck: “Sì, ma quella era campagna elettorale, ora è il governo, il danno di immagine è enorme, la gente pensa che i Verdi sono come tutti gli altri partiti perché l’ambizione morale era la loro massima e ora ci sono cascati come tutti, non sono meglio degli altri, sono interessati al potere come tutti”. Che pensa delle accuse dei Verdi alla Cdu di strumentalizzare la vicenda per boicottare la loro politica energetica? “C’è qualcosa di vero ma comunque la realtà è che ora c’è un caso Habeck, con le accuse di nepotismo l’immagine di pulizia e trasparenza è danneggiata”. E’ l’inizio della fine per Habeck? “Il suo smalto è saltato, brillava retoricamente, convinceva e catturava la gente e ora improvvisamente è diverso, ora che è in gioco il potere”. Si è giocata la candidatura per la cancelleria nel 2025? “Troppo presto per dirlo, bisogna vedere che piega prende lo scandalo”. Opposizione e media mantengono alta da giorni l’attenzione sul caso, se la SZ si dilunga sulla metamorfosi comportamentale di Habeck, la Taz, di sinistra, parla di “nepotismo e società di classe” e spiega che lo scandalo Graichen agita tanto le coscienze “perché mette in mostra un autoinganno: non è il merito che determina il successo ma la rete di contatti”. Drastico un editoriale della rivista Cicero: “Lo scandalo è esemplare della politica dei Verdi: clientelismo come espressione di ubriacatura di potere, il partito calpesta le regole democratiche e si sente pure in diritto. Questo metodo è arrivato ora al capolinea”. Come è potuto succedere – si domanda la Frankfurter Allgemeine Zeitung – che “il sottosegretario di Habeck, Patrick Graichen, aiutasse il suo testimone di nozze in un incarico apicale? Persino nella Spd ci si interroga e rimane l’amaro in bocca”, scrive. L’opposizione Cdu, in testa nei sondaggi da oltre un anno, ha gioco facile: il segretario generale Mario Czaja parla di strutture mafiose, di “clan di famiglie” nel ministero di Habeck, che nel pieno della crisi ignora le paure della gente: “Questa non è tutela del clima, è gelo sociale”. Per il leader Friedrich Merz, il governo, fra Verdi e Spd, lavora non secondo competenza ma appartenenza politica, il nepotismo all’economia e edilizia era noto ma se ne parla solo ora: “In posti chiave siedono incompetenti animati solo dall’intenzione missionaria di convertire in tempo lampo l’approvvigionamento energetico solo con le rinnovabili, costi quel che costi”. L’economia tedesca sarà esposta alla sua peggiore prova: “Questa politica minaccia il benessere e il futuro del nostro paese, perdiamo competitività e la quota di produzione industriale del nostro benessere è scesa per la prima volta nel 2022 sotto il 20 per cento, ma di questo gli attivisti del clima al ministero dell’Economia se ne fregano”. Bordate anche da sinistra: “Per la tutela del clima serve un ampio consenso sociale – ha attaccato Klaus Ernst della Linke – per questo non si può dare l’impressione che i posti nei ministeri competenti vengano assegnati agli amici anziché a esperti”. Accuse pretestuose, replicano i Verdi, volte a bloccare la svolta energetica verde con l’elettrico in favore delle lobby del gas e del gasolio, mentre l’ex ministro dell’ambiente Trittin, esponente dell’ala radicale, che ingaggiò per primo Graichen nel 2001, ha accusato direttamente la Cdu di condurre “una campagna mirata contro Habeck”. Scandali minori, come le mille miglia di servizio smaltite per le vacanze, c’erano già stati anche fra i Verdi, ma erano noccioline. Questo degli intrallazzi di Graichen, proprio mentre celebravano con festa e danze i 30 anni della fusione dei partiti est e ovest (nato questo nel 1980), ha un potenziale deflagrante: ne mina l’identità di partito diverso dal sistema e ne minaccia l’esistenza e la credibilità.

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