24 Maggio 2024 di Flaminia Bussotti
Berlino – Festeggiata e corteggiata dalle migliori orchestre del mondo, Beatrice Rana è sbarcata anche a Berlino per il suo debutto con i Berliner Philharmoniker, l’orchestra plasmata in passato da Herbert von Karajan e poi da Claudio Abbado che ne raccolse l’eredità alla sua morte.
La pianista italiana, ma meglio precisare salentina perché è legatissima alla sua terra e, come lei stessa ha confessato, le manca enormemente quando è in tournée nelle più importanti sale da concerto per il mondo, è giunta alla Philharmonie con tre concerti, il primo è stato il 23 maggio e a seguire due riprese il 24 e 25. In programma ha portato una composizione di Clara Schuman, il concerto per piano e orchestra in la minore, op. 7., brano squisitamente romantico, tecnicamente difficilissimo. Sul podio dei Berliner il maestro canadese Yannick Nézet-Séguin, talento iperattivo, direttore del teatro lirico Metropolitan a New York, dell’Orchestra di Filadelfia e dell’Orchestra Metropolitana canadese. Il maestro è stato anche consulente della star Bradley Cooper nel film su Leonard Bernstein “Maestro”.
Clara Wieck, che prese poi da sposata il nome del marito Robert Schumann, scrisse questo brano, il suo unico esistente per pianoforte, all’età di 16 anni in forma di un unico movimento, cui poi aggiunse altri due brevi movimenti riorchestrando tutto da sola ignorando la precedente orchestrazione fatta con l’aiuto di Schumann. Si tratta di una composizione di estrema difficoltà tecnica che comporta grande maestria e virtuosismo da parte dell’interprete, e che, come avvenuto al concerto alla Philharmonie, lascia il pubblico col fiato sospeso. Esecuzione magnifica di Beatrice Rana, che ha colpito non solo per bravura tecnica ma anche per sensibilità interpretativa. Scrosci di applausi e chiamate sul palco alla fine per la pianista, che ha concesso anche un bis.
Lodi dei critici stranieri sono citate anche nel programma di sala: il New York Times elogia la “bellezza belcanistica” del suo fraseggio. Per la Süddeutsche Zeitung Beatrice Rana riesce senza sforzo a mettere il pubblico in uno stato di tesa concentrazione con una “tecnica stupenda che, con economia di movimenti e mimica quasi impercettibile”, produce “un rapimento dopo l’altro di suoni”.
Nella seconda parte del concerto, la sinfonia nr. 7 in do maggiore op. 60 “Leningrado” di Dmitri Sciostakovic. Sinfonia mammut di 70 minuti, diretta con energia vulcanica da Nézet-Séguin ed eseguita con superba potenza Berliner. Orchestra (specie gli archi) e maestro inondati alla fine anche loro di scrosci di applausi.
Un paio di giorni prima del debutto alla Philharmonie, Beatrice Rana è stata ospite dell’Ambasciata d’Italia dove si è esibita in un concerto – il trio nr. 4 in mi minore op. 90 di Antonin Dvorak – con la violinista Liya Petrova e la sorella Ludovica Rana al violoncello. Con l’occasione, responsabili delle istituzioni del Salento e la pianista hanno presentato il Festival “Classiche Forme” (allusione all’inglese ‘per me’ a indicare il legame fra l’artista e la sua terra), una rassegna di musica da camera chiamata in vita otto anni fa da Beatrice Rana come contributo e segno di affetto alla sua terra. Quest’anno il festival, con artisti di grande calibro, si svolge dal 14 al 21 luglio e, oltre a Lecce, si dipana anche in vari luoghi inclusi una masseria e un uliveto, simbolo di rinascita nel dopo Xylella.