Nuovo governo tedesco: giuramento senza Dio

IL FOGLIO 18 Dicembre 2021

Berlino – „Giuro di dedicare le mie forze al bene del popolo tedesco, di accrescere il suo beneficio, di allontanarne il male, di rispettare e difendere la Costituzione e le leggi dello Stato, di adempiere con coscienza ai miei doveri e di rendere giustizia a ciascuno. Con l’aiuto di Dio”. Su quest’ultima frase, un’invocazione di aiuto al Cielo nell’espletamento dei propri compiti, si sono divisi gli spiriti in Germania dopo l’insediamento del nuovo governo lo scorso 8 dicembre. La frase è la postilla finale alla formula prevista dall’articolo 56 della Costituzione per il giuramento del capo dello Stato, del cancelliere e dei ministri di tutti i governi federali dalla fondazione della Bundesrepublik nel 1949, alla Germania unificata nel 1990. Ed è facoltativa. Tuttavia, sebbene non obbligatoria, l’invocazione con il riferimento religioso è sempre stata una consuetudine nella storia repubblicana del dopoguerra, a cominciare dal lungo cancellierato del cristiano democratico cattolico Konrad Adenauer, ma anche nei 16 anni della cancelliera protestante Angela Merkel. Poche in anni recenti, e pochissime in passato, le eccezioni tant’è vero che l’omessa invocazione ora, da parte di quasi la metà dei componenti del primo governo semaforo fra socialdemocratici, verdi e liberali, ha fatto notizia. Il primo a tralasciarla al giuramento nel 1998 dopo la vittoria su Helmut Kohl, era stato Gerhard Schröder, primo cancelliere Spd dopo Helmut Schmidt, di confessione protestante ma non praticante. Con Schröder anche qualche altro ministro del primo governo rosso-verde tedesco rinunciò al riferimento religioso, incluso il vice cancelliere e ministro degli esteri verde, Joschka Fischer. Nell’ultimo governo Merkel, 13 su 16 dei ministri hanno pronunciato al giuramento la formula “con l’aiuto di Dio”, inclusa la cancelliera.

   Come da prassi, il primo di questo 24/o governo della Bundesrepublik a giurare è stato il neo cancelliere Olaf Scholz (Spd), che ha pronunciato la formula del giuramento senza l’invocazione finale “con la aiuto di Dio”. Scholz ha avuto un’educazione protestante, con battesimo e cresima, ed era membro della chiesa evangelica da cui però è uscito anni fa. Per questo, a differenza di Schröder che non ne è mai uscito, Scholz è anche il primo cancelliere della storia tedesca ‘konfessionslos’, senza una confessione. Particolare che è stato celebrato come un’affermazione del primato della laicità dello Stato, ma anche criticato come un segno di superbia e uno schiaffo a quanti in Germania, anche se il loro numero è in continuo calo, si professano credenti. Un governo “senza Dio”, ha lamentato qualche critico. Per la Cdu-Csu, ora all’opposizione, la ‘C’ nel nome sta per ‘cristiano’ e riveste un’importanza particolare anche se la fuga di fedeli riguarda pure i politici cristiano democratici e cristiano sociali.

    Per Scholz e molti nel suo governo progressista, il principio cristiano di amore per il prossimo è sostituito da quello della solidarietà: per me non c’è differenza, dice. Il neo cancelliere si riconosce però nelle sue radici protestanti: “il nostro Paese e anche io siamo forgiati nel credo cristiano” e ciò si riflette anche nell’“etica del lavoro cristiana”. Anche in questo è forte l’affinità con la Merkel: personalità simili in versione nord (Scholz è di Amburgo) e est (Merkel è cresciuta nella Ddr ma nata ad Amburgo poco prima che il padre pastore luterano si trasferisse nella Germania dell’est). Stesso rigore, stesso ethos e bisogno di controllo, stessa serietà, stessa mania per i dettagli, divoratori di carte, oratori modesti con deficit di carisma e surplus di prudenza e intelligenza entrambi.

    Per il prelato Karl Jüsten, da anni anello di collegamento fra la politica e la chiesa cattolica – interlocutore in questa funzione già del cancelliere Schröder, poi della Merkel e ora di Scholz – l’omissione del riferimento religioso non è ragione di scandalo: “se uno non crede in Dio non ci si può aspettare che lo evochi”, anche all’interno della tradizione cristiana ci sono argomenti contro un richiamo a Dio per non mischiare il sacro col profano. “Noi misuriamo i politici non sulla base delle dichiarazioni religiose ma di quel che fanno”. Molti temi del programma di governo “ci vedono d’accordo ad esempio l’emigrazione, il sociale e il controllo delle armi”. Su altri invece c’è dissenso, come sulla difesa della vita e il paragrafo 219a. La politica riflette la secolarizzazione della società ma al Bundestag la presenza di deputati credenti è numerosa, sovraproporzionale, “non certo peggio che in passato”. Riguardo alla riforma del diritto ecclesiastico e una soluzione dei finanziamenti pubblici, sono temi in agenda da tanto, e saranno “oggetto di dialogo” fra le parti. Quanto poi al cancelliere Scholz, “lo conosco da anni in tutte le sue precedenti funzioni: è sempre stato corretto e fair, non posso dire che abbia lavorato contro la Chiesa”.

La maggioranza dei ministri del nuovo governo non è osservante e per un terzo sono protestanti. Oltre a Scholz, sette ministri, dei 16 in tutto, hanno tralasciato il riferimento a Dio nella formula del giuramento: tutti i cinque ministri dei Grünen, più due Spd (il ministro alla cancelleria Wolfgang Schmid e la ministra allo sviluppo Swenja Schulze). Dei verdi, Robert Habeck, vice cancelliere e ministro dell’economia e tutela del clima, proviene da una famiglia protestante ma è uscito dalla chiesa e si definisce un “cristiano secolare”. La ministra degli esteri Annalena Baerbock pure ha avuto una educazione protestante ma si professa “non credente”. Cem Ödzemir, all’agricoltura, primo ministro di origine turca, è musulmano ma non è praticante e si definisce “musulmano secolare”.

Nove ministri, evangelici o cattolici, che hanno invece pronunciato il giuramento con l’invocazione religiosa, fra cui le ministre degli interni Nancy Faeser (Spd), della difesa Christine Lambrecht (Spd), dell’edilizia Klara Geywitz (Spd) e i ministri del lavoro Hubertus Heil (Spd), della salute Karl Lauterbach (Spd), più tutti i quattro ministri liberali: quello delle finanze Christian Lindner, che però a 18 anni era uscito dalla chiesa cattolica, della giustizia Marco Buschmann, del traffico e digitale Volker Wissing e dell’istruzione e ricerca Bettina Schwarz-Watzinger.

    Al di là dell’importanza o meno dell’omissione del richiamo a Dio, essa è sintomatica di una “cultura dilagante in cui il trascendente non gioca più alcun ruolo o è relegato totalmente nel privato”, afferma padre Arduino Marra, ex parroco della cattedrale di Santa Edvige di Berlino e punto di riferimento della comunità cattolica italiana, oggi parroco di una grande parrocchia nata dalla fusione di quattro parrocchie della capitale. Secondo il sacerdote di origini italiane, “dietro si nasconde un’attitudine che considera l’uomo, la scienza, come metro ultimo, assolutizza l’uomo tralasciando Dio: il culto dell’uomo ha soppiantato il culto divino ma la storia in realtà ci insegna che ciò ha portato disastri enormi”. La società tedesca è da tempo animata da spinte riformiste, vedi le richieste alla Santa Sede di riforme come l’abolizione del celibato obbligatorio e l’ordinazione delle donne: nascono da “un forte senso democratico che spinge la società civile verso un processo di secolarizzazione già insito nel luteranesimo e che influenza anche la chiesa cattolica”.

   La cerimonia del giuramento riflette molto bene la situazione della società tedesca oggi. Se dopo la seconda guerra il 90% dei tedeschi faceva parte di una chiesa cristiana, oggi la percentuale è scesa al 56%. In passato si faceva attenzione a un equilibrio nel governo fra cattolici e protestanti. Oggi conta invece l’equilibrio di genere fra uomini e donne (rispettato in questo governo) e, semmai, est-ovest (solo due ministre dell’est invece ora).

La comunità evangelica e cattolica sono più o meno numericamente equivalente. Nel 2020, su 82 milioni di abitanti, la chiesa cattolica contava 22,2 milioni di fedeli (26,7%) e quella evangelica 20,2 milioni (24,3%). Le persone senza confessione erano 33,8 milioni (40,7%). Oggi il numero di quanti abbandonano la chiesa, entrambe le chiese, è in continuo aumento. Far parte di una comunità religiosa significa anche, per legge, pagare le tasse della chiesa che vengono detratte direttamente dalla dichiarazione di redditi dall’agenzia delle entrate dei rispettivi Länder: l’aliquota è dell’8% o 9%. Dei vertici dell’attuale coalizione di governo – Scholz, Habeck, Lindner, Baerbock – nessuno paga da anni le tasse della chiesa.

     Per non pagare le imposte ecclesiastiche è necessario fare una dichiarazione ufficiale al fisco di abbandono della chiesa, oppure bisogna avere dichiarato dall’inizio di non aderire a nessuna religione. I fuoriusciti sono sempre di più. In questo senso, come è stato da più parti osservato, chi con soddisfazione chi a malincuore, il giuramento del governo Scholz è lo specchio di una società sempre più laica, consumista e secolarizzata in cui la religione ha perso la sua centralità e non viene più percepita come la risposta ai bisogni dell’individuo.

    I capi delle due chiese, il presidente della conferenza episcopale, vescovo Georg Bätzing, e la presidente della chiesa evangelica in Germania (Ekd), vescova Annette Kurschus, hanno reagito minimizzando la cosa e facendo gli auguri al nuovo governo. Bätzing ha ringraziato Scholz per l’apprezzamento espresso nel contratto di governo delle chiese e delle comunità religiose, dicendosi convinto che ci sono tanti temi sociali rilevanti “sui quali dovremmo presto confrontarci”: obbiettivo comune è mettere l’uomo e le condizioni di vita al centro delle prossime sfide. La Kurschus ha apprezzato che il governo, a parte la pandemia al primo posto, abbia messo al centro dei propri interessi “la lotta al cambiamento climatico, la tenuta della società e la difesa dei profughi”, temi a cuore anche delle chiese, ha sottolineato. Nessuno scandalo dunque per l’omissione del riferimento religioso nel giuramento. Tanto più, si fa notare da più parti, che il richiamo a Dio è fissato ben chiaro nel Preambolo della Costituzione del 23 maggio 1949, che recita: “Consapevole della sua responsabilità davanti a Dio e agli uomini, animato dalla volontà di servire la pace del mondo come membro paritario di un’Europa unita, il popolo tedesco, in virtù del suo potere costituzionale, si è dato questa Costituzione”.

    Maggiore preoccupazione sollevano semmai diversi passaggi del contratto di governo volti a modificare in senso laico i rapporti fra Stato e Chiesa e l’impianto legislativo. La parola Dio o fede non compare mai nel testo di 177 pagine della coalizione semaforo, ma si parla piuttosto di cancellare il paragrafo 219a del codice penale che vieta ai medici di dare informazioni sull’interruzione della gravidanza. Inoltre si parla di facilitare la medicina per la riproduzione artificiale con la ricerca sulle cellule staminali, di sondare la possibilità di “legalizzare la donazione di ovociti e la altruistica maternità surrogata“, e  di abolire la legge in vigore sui transessuali ritenuta discriminante.

Altri due aspetti destano preoccupazione per le chiese: uno è la modifica dei sostegni finanziari dello Stato. Si tratta di circa 500 milioni di euro che lo Stato versa ogni anno alle chiese a indennizzo degli espropri di beni ecclesiastici al tempo di Bismark nel 19/o secolo. Se l’accordo dovesse saltare, le casse delle due chiese ne risentirebbero sensibilmente. Fra tasse e finanziamenti pubblici le chiese in Germania sono considerate ricche rispetto ad altri paesi: nel 2015 quella cattolica ha incassato 6,09 miliardi di euro dalle tasse ecclesiastiche e quella protestante 5,36. Nonostante la fuga dei fedeli – aumentata dopo gli scandali degli abusi sessuali che hanno colpito drammaticamente la chiesa cattolica, ma anche quella evangelica – le entrate fiscali sono aumentate negli ultimi anni e ad esse si aggiungono i milioni dallo Stato (460 milioni nel 2012). Altro aspetto è la prospettiva di abolire il privilegio nel diritto del lavoro (nel testo si parla di verificare assieme come far conciliare il diritto del lavoro della chiesa e quello dello Stato). Finora dai dipendenti della chiesa si aspettava condivisione di fede e convinzioni morali cristiane. Una violazione di questi principi poteva avere conseguenze sul posto di lavoro incluso il licenziamento.

Tutte ipotesi queste di riforme del concordato fra Stato e Chiesa da esaminare in forma bilaterale. Ma di portata evidentemente non cosmetica, bensì di enorme impatto per la chiesa, la società e la comunità in decrescita dei fedeli.

Vedi Articolo IL FOGLIO 18-19 Dicembre 2021

 

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