La crisi della sinistra mea culpa di Schulz: «Mai più con Angela»

IL MESSAGGERO 25 Settembre 2017

Svolta della Spd: chiusa la grande coalizione, passiamo all’opposizione. Lo sconfitto accusa la Cancelliera: «L’ ascesa della destra è colpa sua»

IL CASO BERLINO Disastro, debacle, disfatta, implosione: il vocabolario per raccontare la sconfitta della Spd alle legislative in Germania sembra preso dal generale prussiano teorico della guerra, Carl von Clausewitz. Il partito socialdemocratico, al governo finora con la Cdu-Csu di Angela Merkel, ha in effetti subito la sua peggiore umiliazione battendo il suo stesso record negativo: ha ottenuto appena il 21% dei voti contro il 23% nel 2009 con Frank-Walter Steinmeier in quello che risultò allora il peggior risultato nella storia del più antico partito tedesco. Nel 2013 aveva ottenuto il 25,7%. Una sconfitta rovente quella di ieri poco o niente lenita dal fatto che anche la Cdu-Csu è stata penalizzata: scivola al 33% (contro il 41,5% nel 2013) e risulta il partito che ha perso più voti di tutti (circa l’ 8%). La sconfitta netta non ha lasciato scelta ai dirigenti del partito: è stato lo stesso sfidante cancelliere Martin Schulz ad annunciare la strada dell’ opposizione. Nel suo ufficio al quarto piano del Willy Brandt Haus, la sede del partito a Berlino, aspettava i dati dopo la chiusura dei seggi alle 18.00 e pochi minuti dopo è sceso per parlare ai tanti militanti radunati. «È un giorno duro, amaro per la socialdemocrazia», dopo le regionali una sconfitta anche alle legislative, gli elettori hanno bocciato la grande coalizione, per questo la Spd imboccherà la strada dell’ opposizione, ha annunciato. «È chiarissimo che il mandato degli elettori è che andiamo all’ opposizione». L’ ingresso dell’ Afd è inquietante, la «Spd sarà un baluardo della democrazia» e «combatterà nella prossima legislatura per i suoi principi di rispetto e tolleranza». Il pessimo risultato ha vanificato tutte le ipotesi della vigilia: non si escludeva una riedizione della grande coalizione se la Spd avesse strappato un risultato superiore, o almeno uguale, alle ultime elezioni. In questo caso avrebbe potuto dire alla base recalcitrante che questa era la volontà degli elettori: una riedizione della grande coalizione. Così evidentemente non è stato per cui al partito non resta che la strada dell’ opposizione. Opzione questa che offre però un doppio vantaggio: da una parte un periodo di astinenza dal governo – che per la Spd, alleato junior, ha comportato una progressiva erosione di voti servirà al partito a rimettersi in piedi per presentarsi galvanizzata alle prossime elezioni. Dall’ altra sarà ora la Spd a guidare l’ opposizione al Bundestag e non l’ Afd come temuto da tutti. In termini di voti l’ Afd è diventata infatti il terzo partito in Parlamento e quindi, se la Spd per ipotesi entrasse al governo, spetterebbe a lei guidare l’ opposizione. Per esclusione, il prossimo governo federale non potrà quindi essere altro a questo punto che una coalizione a tre nero-giallo-verde fra Cdu-Csu, Liberali (Fdp) e Verdi, detta anche Giamaica dai colori della bandiera dell’ isola caribica. Come il partito di Willy Brandt può essersi ridotto così, al punto che le viene contestato il predicato di partito popolare? Il tracollo ha molte concause. La crescente disaffezione degli elettori che non si sentono più vincolati a un solo partito e scelgono in un ventaglio à-la-carte, la mobilità e accelerazione del comportamento elettorale innescata dai social media, la paura crescente su svariati fronti: il lavoro, la povertà, la discesa sociale e naturalmente l’ immigrazione. Per un esperto intervistato dalla Zdf le elezioni sono state «un referendum a posteriori sui migranti». LE ORIGINI DEL DECLINO Schulz ha addossato la responsabilità dell’ Afd alla Merkel. «Ha fatto una campagna scandalosa», ha detto anche lui in tv. Per la Spd il declino è cominciato da tempo: con la nascita dei Verdi negli anni 80, che le hanno sottratto voti. Poi dopo l’ Unificazione con l’ arrivo degli eredi dei comunisti della Ddr – Sed, Pds, Linke aiutato dal contributo dell’ ex leader Spd passato alla Linke, Oskar Lafontaine. Altro colpo drammatico è stata l’ Agenda 2010 di Gerhard Schröder, la riforma del lavoro che ha rimesso in piedi la Germania, facendo raccogliere però i frutti alla Merkel (da cinque milioni nel 2005 i disoccupati sono oggi la metà), ma dilaniato il partito e costato peraltro la cancelleria a Schröder. Otto anni al governo sotto la Merkel (2009-2013 e 2013-2017) hanno inferto poi il colpo di grazia a un partito che in realtà ha lavorato bene ma il merito se l’ è preso sempre la cancelliera. Fl. Bus. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

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