Petrenko, maestro posseduto da un ideale di perfezione

IL MESSAGGERO 28 Marzo 2017 

Kirill Petrenko dirigiert Mozart und Tschaikowsky Berliner Philharmoniker, Kirill Petrenko © Monika Rittershaus

IL DEBUTTO BERLINO Non è cosa di tutti i giorni vedere il pubblico impazzito e una fiera orchestra accondiscendere a tutti i desideri del direttore: il miracolo è successo alla prima apparizione di Kirill Petrenko alla Philharmonie ai primi concerti con i Berliner Philharmoniker dopo la sua elezione alla guida della più importante compagine tedesca quasi due anni fa. Cavallo di razza della nuova scuderia di direttori d’ orchestra, Petrenko (45) è ricercatissimo tanto quanto raro. Non ama il clamore dello show-biz, rifugge i media, non dà interviste, alle prove non vuole nessuno: una specie di primula rossa del podio, tutti lo vogliono ma lui si nega. Nei giorni scorsi Petrenko è apparso in carne e ossa a Berlino per dirigere i primi, attesissimi e sold-out, concerti con i Berliner dopo la tua turbolenta elezione accompagnata da rinvii, fumate grigie e suspense come fosse un thriller – a nuovo capo dei Berliner a giugno 2015. Era dal dicembre 2012 che non si faceva vedere, quando diresse i Berliner in concerti che stregarono l’ orchestra al punto di volerlo poi, nonostante la scarsa frequentazione, come successore di Sir Simon Rattle nel 2019. Dall’ elezione 21 mesi fa, ne è passato di tempo e altro ne passerà ancora prima che Petrenko torni a dirigere i Berliner. Per non parlare di quando assumerà il comando di quella che è considerata una delle orchestre migliori al mondo. Il maestro austro-siberiano – nato a Omsk, Siberia, e emigrato da giovane con la famiglia in Austria – tornerà sul podio dei Berliner solo nell’ estate 2019 in occasione della tradizionale tournée al Festival di Salisburgo e di Lucerna. RITMI MEDIATICI Alla sua prima, e sola conferenza stampa mesi fa, Petrenko si è congedato dicendo «ci rivediamo nel 2019», scatenando ilarità fra i giornalisti, abituati a Berlino a ritmi mediatici più serrati. Nel 2013 era stato nominato direttore dell’ Opera di Monaco. Incarico che intende assolvere fino allo scadere del contratto nel 2019-2020. Era stata proprio la sua indisponibilità per così tanto tempo uno degli ostacoli che avevano complicato la sua elezione trasformandola in un giallo. L’ Orchestra che da dopo Herbert von Karajan decide con votazione (unica al mondo) il proprio direttore era divisa. Petrenko infatti è stato eletto solo al secondo turno. Una parte dei 128 musicisti votanti avrebbe preferito il tedesco Christian Thielemann, altri il lettone Andris Nelsons. Alla fine l’ ha spuntata lui a patto però, appunto, che pazientassero: lui non avrebbe annullato i suoi impegni. Quando assumerà l’ incarico avrà 48 anni, tanti quanti ne aveva Rattle quando si insediò sul podio dei Berliner dopo Claudio Abbado che lasciò nel 2002 dopo essere succeduto a Karajan. Ai concerti giorni fa alla Philharmonie, preceduti da prove d’ orchestra rigorosamente blindate (anche il personale interno era ammesso solo con un badge speciale) e accompagnati da un eccezionale hype mediatico – orchestra e pubblico hanno avuto un assaggio di ciò che li aspetterà dopo il 2019: un direttore assoluto, con un’ idea rigorosa della musica e altrettanto dell’ esecuzione, un concentrato di energia e un controllo ultimativo di partitura e orchestra al punto da far pensare a un control-freak. Per il suo arrivo il maestro ha scelto un programma classico e moderno: la Haffner di Mozart, The Wound Dresser di John Adams e la Pathetique di Ciaikovskij, brano romantico struggente questo che Petrenko sembrava avere impresso nelle vene. Qualche critico ha storto il naso sulla Haffner, domandandosi come mai il maestro abbia scelto proprio Mozart dove già in passato aveva dato prova di non eccellere. Lodi corali comunque nell’ insieme, per tutta la sua performance. Dopo il trasfigurato Abbado e l’ illuminato Rattle, ora il posseduto Petrenko, scrive un critico. Per il pubblico, a parte un bravo urlato a squarciagola fuori tempo che ha raggelato il maestro, nessun dubbio: applausi frenetici in sala dopo l’ ultima nota. Petrenko ha ringraziato composto con la mano sul cuore: poi, così come era arrivato, si è dileguato rapidamente a piccoli passi. Flaminia Bussotti © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Vedi articolo Il Messaggero 28.3.2017

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.