Berlinale, intervista al direttore Chatrian, messaggio Zelensky a inaugurazione

L’INTERVISTA BERLINO Dopo due anni di stop, o restrizioni per la pandemia, la Berlinale (16-26 febbraio) riparte con la voglia di recuperare e un programma mammut (287 film) e 19 in concorso. La rassegna è specchio della realtà: dunque focus su Ucraina e Iran. Il presidente Zelensky parlerà all’apertura con un intervento in diretta streaming e il docufilm Superpower di Sean Penn e Aaron Kaufman sarà mostrato nei Berlinale Special. Probabile, la presenza della first lady, Olena Zelenska. Penn, atteso al festival, è stato in Ucraina, ha incontrato Zelensky ed era a Kiev il 24 febbraio, inizio dell’invasione russa.

Conferenza stampa con Sean Penn su docufilm Ucraina ‘Superpower’

L’Italia è presente in concorso con Disco Boy di Giacomo Abbruzzese (storia di un bielorusso che per ottenere un visto si arruola nella Legione straniera, con Franz Rogowski), più diversi film nelle altre sezioni. Steven Spielberg riceverà un Orso d’oro alla carriera. Primo piano anche sui giovani, il gender e l’ambiente. Attualità ma non solo: «realtà e fantasia, ovvero l’essenza del cinema», dice il direttore artistico Carlo Chatrian. Qual è l’idea che ha ispirato questa 73ma Berlinale? «L’idea di base è ripartire insieme con tutte le componenti del festival. Un grosso festival con una configurazione unica nel mercato, ma anche un grosso evento di pubblico e sociale. Ed è una ripartenza dopo due edizioni speciali per il Covid. La peculiarità del festival è stata declinata in molte maniere: forte accento politico, opere prime di giovani, una giovane presidente di giuria e molto eclettismo». Ucraina e Iran: sono due punti forti del festival con forte presenza di film fuori concorso. Può spiegare le motivazioni?

«Sono due Paesi molto vicini a Berlino. L’Ucraina per ragioni storico-geografiche, l’Iran per la storia del festival: ha dato un Orso d’oro a Jafar Panahi (scarcerato il 3 febbraio), ha lanciato Asghar Farhadi, e un Orso d’oro nel 2020 a Mohammad Rasoulof (ora scarcerato). C’è una forte vicinanza. Siamo stati fortunati perché diversi film di iraniani e ucraini erano pronti e ciò ci ha permesso di offrire una visione sfaccettata di queste realtà. Il cinema è lo specchio del mondo, e anche dell’anno che è stato: Ucraina e Iran hanno dato segnali molto forti di resistenza e lotta per la libertà. Quanto al film di Penn e Kaufman su Zelensky, era logico averlo, un anno dopo lo scoppio della guerra». Il presidente Zelensky parlerà al festival? «È un onore speciale per noi poter accogliere digitalmente il presidente ucraino Volodymyr Zelensky giovedì sera all’apertura del nostro festival».

Come mai un solo film italiano in concorso contro cinque tedeschi? «Il festival si fa in Germania e non in Italia, per i tedeschi è la piattaforma più importante. So bene che sarà un’annata molto forte per il cinema italiano, ma i film o non erano pronti o sono state fatte altre scelte. Sono molto contento di quanto presentiamo: Disco Boy è forte stilisticamente e molto originale, qualcosa di molto diverso. Poi c’è Martone col film su Troisi, uno dei registi più coerenti che parla di un altro regista: due napoletani.

Mario Martone con Carlo Chatrian a proiezione film su Troisi

In chiusura mostriamo il film noir L’ultima notte d’amore di Andrea Di Stefano con Favino (Berlinale Special). Poi il documentario su Bergamo girato nella primavera del 2020 (Encounters) e il film di animazione di Enzo d’Alò Mary e lo spirito di mezzanotte che parla di cibo e di un lutto (Generation)». Come mai ha scelto Kristen Stewart, la più giovane presidente di giuria? E perché è stato eliminato il genere per gli Orsi agli attori? «Chiedere a Stewart di presiedere la giuria era naturale per la giovane età, per i film e i personaggi da lei interpretati. La scelta “no gender” per i migliori attori dipende dalla sensibilità della città di Berlino. L’idea di abbandonare la visione binaria del mondo qui è più accentuata, e penso sia una scelta progressista. Altri festival ci hanno seguiti, come San Sebastián e Locarno». Flaminia Bussotti © RIPRODUZIONE RISERVATA.

 

 

 

 

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