Schröder, il lobbista tedesco al soldo di Mosca

IL FOGLIO 19 Febbraio 2022

Berlino – Il sogno della cancelleria lo accarezzava sin da bambino e per arrivarci c’ha lavorato una vita, malgrado fosse il solo a crederci. Adesso che c’è arrivato, Olaf Scholz, mai e poi mai avrebbe pensato di dover fare i conti con il rischio di una guerra nel cuore dell’Europa, in Ucraina, cuscinetto in bilico fra Nato e Russia. Rischio con cui, in questa gravità, nessuno degli otto cancellieri prima di lui aveva mai dovuto confrontarsi. E mai e poi mai Scholz avrebbe immaginato che una minaccia potesse arrivargli proprio dal suo partito socialdemocratico e, in primis, da colui che ne è stato leader, oltre che suo ultimo cancelliere (1998- 2005): Gerhard Schröder. Di cui Scholz fu pupillo, segretario generale e guardaspalle nella battaglia per far digerire al partito la riforma del mercato del lavoro Agenda 2010, principale lascito di Schröder, che rimise in piedi il ‘malato d’Europa’ ma che dilaniò la Spd ed ebbe i più agguerriti avversari proprio nelle sue file. Adesso il suo mentore rischia di metterlo in cattiva luce e di piazzare un macigno sul suo cammino: Schröder è il convitato di pietra che tiene in ostaggio la Spd, la politica del governo sull’Ucraina e la leadership di Scholz. L’amicizia con Putin, gli attacchi all’Ucraina, il tifo plateale per Mosca e, soprattutto, gli affari a libro paga dello zar russo, hanno non solo compromesso l’immagine dell’ex cancelliere, ma rischiano di compromettere anche quella del suo successore Spd, e della Germania come partner affidabile.

Dubbi che la reticenza di Scholz a includere apertamente il gasdotto Nord Stream 2, rifiutandosi addirittura di nominarlo, nel pacchetto di sanzioni contro Mosca in caso di aggressione, ha sicuramente alimentato. Tanto che a manifestare dubbi sono stati dagli Stati Uniti e non solo. Scholz si è finora limitato a ripetere che “tutte le opzioni sono sul tavolo” ma il nome del gasdotto della discordia, che aveva già fatto infuriare Ucraina e Polonia perché le taglia fuori, non gli è mai uscito dalla bocca. Anzi, era toccato a Biden menzionarlo alla conferenza stampa col cancelliere alla Casa Bianca l’8 febbraio, affermando che in caso di invasione dell’Ucraina il gasdotto non entrerà in funzione. Anche da Putin a Mosca il 15 febbraio Scholz, almeno in pubblico, non lo ha evocato come strumento di sanzioni. Si è limitato a liquidarlo alla conferenza stampa come progetto “economico privato”.

I segnali mandati sull’Ucraina – fermo restando che la Germania ha dato i maggiori aiuti finanziari (due miliardi dal 2014) – sono confusi se persino il presidente turco Erdogan si è spinto a rimpiangere la Merkel e a proporla come mediatrice: chi media oggi in Occidente? Prima arrivava la cancelliera e aveva in mano la chiave per la soluzione dei problemi, ha detto. Da una parte Berlino assicura solidarietà, dall’altra è irremovibile sulle richieste di armi, arrivando anche a impedire all’Estonia l’invio a Kiev di vecchi carri armati della DDR per il quale era necessario l’ok tedesco. In compenso ha toccato il ridicolo promettendo 5.000 elmetti a Kiev. Giorni fa è corsa ai ripari annunciando l’invio 350 soldati a supporto della Nato in Lituania. Il confine fra interessi economici e atteggiamento politico verso la Russia è sempre stato sfumato in Germania, anche con la Merkel, favorevole pure lei a Nord Stream 2. Solo che adesso la linea ibrida di Scholz nasce da un conflitto tutto interno perché riguarda l’alter ego della Spd, Schröder, colui che sconfisse Helmut Kohl e riportò il partito al potere. E anche perché coinvolge una fitta rete di politici e Länder a guida Spd con forti interessi e intrecci con Mosca.

A 77 anni Schröder, rimasto sempre fedele, durante e dopo la cancelleria, al suo motto “My way”, la canzone di Frank Sinatra non a caso scelta per la cerimonia di congedo a fine mandato, continua a essere il battitore libero fuori da ogni disciplina di squadra. Con la crisi ucraina, la sua amicizia con Putin e i suoi incarichi ben remunerati nell’industria russa, Schröder è diventato una minaccia per Scholz: il principale intralcio alla credibilità del cancelliere e al successo del suo governo semaforo fra Spd, Verdi e Liberali, quantomeno vista la prova data questi giorni sull’Ucraina in tema di politica estera e di sicurezza. La pietra dello scandalo è il ruolo dell’ex cancelliere nelle aziende di Stato russe, dove ha cumulato tre incarichi, e presto quattro, e la sua amicizia con Putin definito anni fa un “perfetto democratico”. Giudizio mai rettificato da Schröder, neanche dopo la sequela di repressioni di oppositori del regime, dei delitti politici a firma del Cremlino, dell’avvelenamento e detenzione di Navalny, di un omicidio di un ceceno commissionato da Mosca in pieno giorno a Berlino, e neanche dopo l’annessione della Crimea nel 2014 e la crisi ucraina ora.

Anzi, a dispetto della presenza massiccia di truppe russe ai confini con l’Ucraina, Schröder si è schierato platealmente con Mosca intimando a Kiev di farla finita di mostrare i muscoli e agitare lo spettro della guerra. Il fatto è che al di là dell’amicizia col dittatore russo, che in teoria, anche se non proprio confacente a un ex cancelliere, potrebbe essere derubricata a faccenda privata, Schröder prende soldi da Putin: per i media ormai è semplicemente il suo ‘lobbista’. L’ambasciatore di Kiev a Berlino, Andrij Melnyk, che lo ha definito “top lobbista” del Cremlino, è stato a stretto giro zittito da Schröder con un apprezzamento non esattamente diplomatico: “nano di Ucraina”.

Già a fine 2005 fece scalpore la notizia che, 17 giorni dopo avere lasciato la cancelleria, Schröder diventava presidente del consiglio di sorveglianza di Nord Stream AG, la società del primo gasdotto per il trasposto del gas russo in Germania. Fatto senza precedenti per un cancelliere tedesco, che lasciava basiti partito e opinione pubblica. Il tempismo avallò il sospetto che avesse lavorato al progetto, e al suo contratto, ancora da cancelliere. Schröder crede non solo nell’importanza dei legami commerciali con Mosca ma anche di rapporti bilaterali forti nell’interesse della Germania e dell’Europa senza i quali, ne è convinto, non è possibile la pace nel continente. Il progetto Nord Stream lo aveva negoziato da cancelliere con Putin in questa convinzione.

Che si fosse riservato un posto per sé al vertice, invece, è emerso dopo. Quando in seguito si parlò di aggiungere due tubature al gasdotto, Schröder fu subito favorevole e nel 2016 divenne capo del consiglio di amministrazione di Nord Stream 2. Il gasdotto è al 100% di proprietà di Gazprom, ma anche del primo, Nord Stream AG, in funzione dal 2011, il gigante russo controllato dallo Stato detiene la maggioranza. Ne fanno parte anche aziende tedesche, olandesi e francesi.

Nel frattempo sono più del doppio gli anni che Schröder ha lavorato per conto della Russia che da cancelliere. Al primo incarico se ne sono aggiunti altri tre, di cui l’ultimo prossimo al traguardo. Oltre che al vertice degli azionisti di Nord Stream AG., Schröder è dall’estate 2017 presidente del consiglio di sorveglianza di Rosneft, l’industria petrolifera legata a doppio filo al Cremlino. Poi è diventato presidente del consiglio di amministrazione di Nord Stream 2. E infine, annuncio del 4 febbraio – questa volta di giorni ne sono passati 58 dall’ insediamento di Scholz alla cancelleria – Schröder è candidato a un posto nel consiglio di sorveglianza di Gazprom con – va da sé – strettissimi legami con il Cremlino e zar Vladimir. La notizia è piombata come un fulmine a ciel sereno nel pieno della crisi ucraina. L’incarico nel gigante energetico russo gli è stato offerto su un piatto d’argento coi complimenti di Putin e secondo le malelingue sarebbe una polpetta avvelenata all’indirizzo di Ucraina, Europa e USA.

L’incarico sarà formalizzato all’assemblea degli azionisti il 30 giugno e Schröder assumerà a luglio. Prende il posto di Tim Kulibajev, il genero dell’ex presidente kazako Nursultan Nazarbaev rimosso nel corso dei recenti disordini a gennaio. Gli incarichi fruttano un sacco di soldi all’ex cancelliere, che a onor del vero, provenendo da una famiglia povera (padre morto in guerra sul fronte orientale, madre casalinga con cinque figli che si aiutava facendo le pulizie, patrigno manovale) non ha mai fatto mistero della sua voglia di riscatto sociale. Quanto guadagni non si sa bene, ma si congettura sia tanto. Secondo indiscrezioni della stampa russa e tedesca, 250.000 euro solo per l’incarico in Nord Stream AG e altri 600.000 per quello a Rosneft. Senza contare la pensione e i benefici che gli spettano in patria come ex cancelliere (ufficio, personale, auto di servizio).

L’attivismo di Schröder è da tempo oggetto di critiche, e oggi non si limitano più agli avversari politici ma si levano anche ai partiti di governo inclusa, anche se sottovoce, la Spd. “Gerhard Schröder ha perso ogni remora e decenza, la sua dipendenza dalla Russia è riprovevole e di cattivo gusto”, è sbottato il capo dell’opposizione Cdu, Friedrich Merz. Ma anche per i Verdi, la cui ministra degli esteri Annalena Baerbock, se potesse, chiuderebbe subito Nord Stream 2, la misura è colma: “Schröder fa gli interessi dell’oligarchia di Putin”, bisogna tirare le conseguenze, ha attaccato la deputata Claudia Müller. Qualche deputato liberale ma anche Cdu ha ventilato la revoca dei privilegi concessi all’ex cancelliere ritenendo assurdo che lo Stato tedesco lo foraggi assieme a quello russo. Merz però ha troncato la discussione nella Cdu: no a soluzioni meschine, il problema è politico.

Nella Spd l’imbarazzo è grande e si cammina sulle uova: per giustificarsi si scomoda la storia e la Ostpolitik di Willy Brandt. In punta di piedi si mugugna, ma l’ombra di Schröder incombe ed è potente. Allo scoperto è uscita invece la governatrice della Renania Palatinato, Malu Dreyer: “non conosco nessuno nel partito che condivide le idee di Schröder”, ha detto. Il problema è che non è solo, tutta la Spd ha fitti legami con Mosca o obblighi affettivi con lui, a cominciare dal nuovo leader Spd Lars Klingbeil (della Bassa Sassonia come l’ex cancelliere e l’ex leader Sigmar Gabriel), che da ragazzo ha aiutato Schröder nelle campagne elettorali e lo considera un mito. Per recidere il cordone ombelicale, Spiegel suggerisce di fare come la Merkel nel 1999, quando l’allora segretaria generale, sulla scia dello scandalo dei fondi neri, esortò la Cdu a emanciparsi da Kohl, spianando la strada a una svolta del partito e a sé verso la cancelleria.

Un aiuto Klingbeil lo diede anche all’ex deputato Heino Wiese, titolare oggi di una società di consulenze su Russia e Turchia e console onorario di Mosca ad Hannover, Bassa Sassonia. Altro anello chiave, Matthias Warnig, Ceo di Nord Stream 2, ex agente della Stasi (nome in codice Arthur) legato a Mosca sin dai tempi della Ddr e oggi figura di spicco nel cerchio magico di Putin. Una pista porta anche in Meclmeburgo, la cui governatrice Manuela Schwesig è strenua sostenitrice dei gasdotti Nord Stream che sfociano nel suo Land con ritorno di occupazione e introiti fiscali. Schröder può contare su di lei come sul suo predecessore Erwin Sellering, che la issò alla guida del Land nel 2017. In Meclemburgo Schröder conta anche un altro fedelissimo: Heiko Geue, che gli scriveva i discorsi da cancelliere, e cooptato dalla Schwesig prima a capo della cancelleria a Schwerin e poi come ministro delle finanze.

Un altro filone conduce in Brandeburgo, all’ex governatore Matthias Placeck, grande avvocato degli interessi di Putin in Germania e presidente del Foro russo-tedesco, di cui fa parte anche la quarta moglie di Schröder, Doris Köpf, che era molto legata alla famiglia Putin, e sta ora con il ministro degli interni della Bassa Sassonia, Boris Pistorius. Sia Pistorius che il governatore Stephan Weil si sono espressi più volte in favore di Nord Stream 2. Gli intrecci fra Spd e Russia, ricostruiti questi giorni dai media, risultano molto ramificati e occupano pagine intere.

Per Scholz, il caso Schröder è peggio che nel 2005: allora, dopo un po’ di polverone, fu liquidato come un suo business affibbiandogli l’appellativo di “Gas-Gerd”. Oggi invece, al suo quarto incarico al soldo di Mosca, l’affare si complica con implicazioni ben più gravi di ordine geostrategico, politico, di fedeltà atlantica, e credibilità nazionale. Il sospetto è che Schröder sia il vero cancelliere ombra, tanto che Scholz ha cercato di cavarsela con una battuta: “se non sbaglio la Costituzione dice che c’è un solo cancelliere, e quello sono io”.

Può un ex cancelliere lavorare per un capo di Stato straniero? Si domandano media e opinione pubblica, e che straniero: un dittatore che soffoca i diritti umani e perseguita gli oppositori. La risposta, sulla carta, è no. Ma dalla sua Schröder ha i tedeschi: la maggioranza è contro forniture di armi all’Ucraina, ed è favorevole sia a garanzie di sicurezza alla Russia sia a Nord Stream 2.

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