Covid-19: anche la Germania ha paura, e teme nuovo lockdown

IL MATTINO 26 Ottobre 2020

Berlino – La temuta seconda ondata è arrivata, il virus ha ripreso quota in Europa sollevando ovunque paura, e macinando vittime. Anche in Germania, che per la prima volta sfonda il tetto dei 10.000 morti e segna il record di 14.714 contagi. Dopo un’estate relativamente calma, l’autunno ha presentato il conto con un’impennata di contagi e una corsa frenetica ai ripari che anche nella efficientissima Germania ha creato caos: i Länder che fanno di testa loro, il sistema sanitario in affanno, lo spettro di un nuovo lockdown, lo scontento dei cittadini, e pure i tribunali che hanno rovesciato le restrizioni sulla chiusura dei locali. La situazione “è seria” è il refrain sulla bocca di tutti, inclusa la cancelliera Angela Merkel. L’aumento esponenziale dei contagi fa temere che la situazione esca fuori controllo e renda impossibile il tracciamento dei contagi. Già adesso la raccolta dei dati dei vari uffici sanitari è inceppata e le cifre potrebbero essere molto superiori. Da giorni si registrano sempre nuovi record. Se fino a poco fa il picco era fermo ad aprile con 6.294 contagi, il 15 ottobre è stato superato (6.638) e a seguire sempre nuovi record: sfondata giorni fa la soglia dei 7.000, siamo arrivati ora sopra i 11.000 casi quotidiani (11.242 venerdì con il parametro R a 1,11), e ieri a 14.714 (R 1,23). I morti sono arrivati a 10.003 (49 in un giorno), secondo il Robert Koch Institut (RKI). La soglia di non ritorno oltre la quale il sistema di tracciamento salterebbe è indicata a 20.000. Anche in Germania all’aumento dei contagi corrispondono comunque più tamponi fatti, il triplo che in primavera. Se a maggio erano in una settimana circa 400.000, la scorsa settimana sono stati 1,2 milioni e in tutto dall’inizio 20,38 milioni, di cui 418.871 casi positivi. Il 3,6% dei tamponi risulta positivo. Oltre 310.000 i pazienti guariti.
Finora il modello tedesco era preso ad esempio: ancora i numeri lo confermano ma il timore è che la virtù sia stata solo frutto della fortuna e che la furia del virus possa abbattersi come in tutti gli altri paesi. Per ora il sistema sanitario regge e il numero dei decessi è relativamente basso se paragonato agli oltre 37.000 in Italia e gli oltre 34.000 di Francia e Spagna. Ma i dubbi si fanno sentire. La forza del modello tedesco sta nella sua capillarità. Essendo uno Stato federale, la sanità è materia dei 16 Länder e tutte le restrizioni devono essere prese di concerto con loro. Ed è proprio questa frammentarietà che ha sollevato dubbi sul federalismo in favore di un sistema più unitario e centralizzato. Come ad esempio il potente governatore della Baviera Markus Söder, che ha suggerito di praticare sul Covid meno regionalismo e optare per un piano nazionale. “La situazione è seria ma non siamo impotenti”, ha detto Lothar Wieler, il presidente del RKI, che ogni giorno raccoglie e diffonde i dati segnalati dagli uffici sanitari locali. In tutto i Gesundheitsämter, equivalente delle Asl, sono 400 (12 a Berlino). In Italia erano 145 nel 2011 e sono ora 101 (6 a Roma, 3 a Napoli). I posti in terapia intensiva sono 30.000 di cui circa 1.030 occupati da pazienti Covid. Tolti quelli per altre patologie, ne restano disponibili ancora 9.000. Il numero di ospedali in Germania è calato da 2.400 nel 1991 a 1.925 e i posti letto sono diminuiti del 25% da 660.000 nel 1991 e circa 498.000 nel 2018. Le terapie intensive viceversa sono aumentate del 36% passando da 20.200 nel 1991 a 27.500 nel 2018.
Il coronavirus ha messo in mostra un nervo emotivo della Merkel mai sospettato prima, ma anche una sua condizione di impotenza senza precedenti. La cancelliera, scienziata di formazione, si è schierata apertamente con i virologi spingendo per misure più drastiche ma non l’ha spuntata perché le regioni, competenti per la sanità, hanno puntato i piedi. Merkel ha dato sfogo al suo pensiero in modo decisamente insolito per lei perché forse ora si sente più libera di dire quel che pensa dal momento che questo è il suo ultimo mandato e fra un anno non sarà più cancelliera. All’ultima riunione il 14 ottobre con i governatori, dove sono state decise le nuove restrizioni, non ha nascosto il suo scontento: “non sono sufficienti a evitarci la sciagura, fra due settimane siamo di nuovo qua” per deciderne altre, ha detto secondo quanto filtrato all’esterno. Tre giorni dopo rincarava la dose, appellandosi al buon senso dei tedeschi nel suo videomessaggio del sabato: “vi prego evitate tutti i viaggi e le feste che non siano necessari, per favore restate possibilmente a casa, nel vostro luogo di residenza”, si raccomandava. Le misure adottate vanno da a un uso rafforzato delle mascherine, chiusura dei ristoranti alle 23 in caso di 50 contagi per 100.000 abitanti in sette giorni, chiusura di discoteche e bar, riduzione del numero di persone a cerimonie in luoghi pubblici e privati (25 e 15) e al massimo 10 se si supera la soglia dei 50 contagi ogni 100.000. Divieto interno di soggiorno da un Land all’altro per turisti provenienti da zone a rischio. Questa come altre misure sono state però in parte annullate dai singoli Länder, o stoppate dai tribunali amministrativi (l’obbligo di chiusura alle 23). Intanto si è allungata la lista dei paesi richiarati a rischio (fra cui una decina di regioni e città italiane) per i quali è prevista per chi entra in Germania una quarantena o un tampone. Al di là del colabrodo normativo, non è affatto detto che le restrizioni bastino a scongiurare un secondo lockdown nazionale che anche la Germania vuole evitare a tutti i costi. Presto si vedrà: se non calano i contagi, alla prossima riunione, fra pochi giorni, della cancelliera coni governatori dei 16 Länder si adotteranno nuove restrizioni. L’accettanza dei tedeschi però nel frattempo cala: il 54% le trova giuste (il 14% esagerate) ma una settimana fa era il 64%. 

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