Concerto Muti ad Atene: “senza Grecia e Italia Europa non ha senso”

IL MESSAGGERO 11 Luglio 2019

IL CONCERTO ATENE Luogo più simbolico non esiste: per i concerti delle Via dell’Amicizia, giunti alla XXIII edizione, Riccardo Muti sceglie Atene, alfa e omega della nostra civiltà. Il concerto si è svolto martedì sera nella quinta spettacolare dell’ Odeon di Erode Attico, anfiteatro con duemila anni di storia e 5000 posti (sold out) sui gradoni in pietra ancora infuocati per il sole che supera di giorno i 40 gradi. Simbolico anche il programma, che sarà replicato stasera nell’ ambito del XXX Festival di Ravenna: la Sinfonia n. 9 di Beethoven con l’inno di Schiller alla pace e alla fratellanza, inno europeo. L’ esecuzione era affidata come sempre all’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, fondata dal maestro nel 2004, assieme alle compagini locali, sei fra le migliori orchestre greche in questo caso, più il Coro Costanzo Porta e quello nazionale greco e della città di Atene: un complesso di 200 persone fra cui il primo violino della Scala, Francesco Manara. Bravissimi i ragazzi della Cherubini e nell’insieme un melange greco-italiano magnifico sotto la bacchetta di Muti. Solisti, il soprano Maria Mudryak, il mezzosoprano Anastasia Boldyreva, il tenore Luciano Ganci e il basso Evgeny Stavinsky.

IL TEMA Nelle stesse ore, superata dopo anni di sacrifici la crisi del debito, la Grecia voltava pagina al voto e il nuovo governo giurava proprio ieri (fra il pubblico anche il ministro della cultura uscente e la moglie del capo dello Stato). I musicisti greci raccontano che le cose vanno un po’ meglio di qualche anno fa e un primo violino dice di guadagnare oggi 900 euro al mese (lo stipendio medio è inferiore). Ma non è l’ attualità politica che preme a Muti, bensì la sorte dell’ Europa e lo stato, negletto, della cultura in Italia. Torna sempre sul tema e ne vuole parlare anche con Sergio Mattarella il 3 agosto a Rimini quando dirigerà il concerto finale dell’Italian Opera Academy. «Non è parte del governo, ma è il nostro Presidente, una persona estremamente sensibile, lo pregherò di adoperarsi perché la musica diventi parte della formazione obbligatoria dei nostri giovani». Alle prove, in ambasciata o con i giornalisti, Muti non demorde: «non entro nel merito della politica, di quel che, ahimè, si sente ogni giorno, dico solo che la cultura è il fondamento di due grandi Paesi come Grecia e Italia, che sono la fonte a cui il mondo occidentale si deve abbeverare: senza di loro l’Europa non esiste. È un ritornello obsoleto: il nostro Paese dovrebbe essere il primo in tema di musica perché la nostra storia musicale è più vasta e antica di quella tedesca, ma invece non è così, Germania e Austria primeggiano. Senza Alessandro Scarlatti, non ci sarebbe Bach, ma di questo non si parla mai in tv. Finiamo per essere solo il Paese del Belcanto, di Casta diva e di Torna a Surriento! Abbiamo abbandonato i nostri doveri verso il passato, bisogna difendere la fama culturale dell’ Italia nel mondo». Il concerto ad Atene, spiega il maestro, vuol dire al mondo, soprattutto all’Europa, «ricordatevi che tutti noi nasciamo e siamo uniti grazie all’ idea di democrazia che nasce qui». Grecia e Italia sono fondamentali: senza, l’albero europeo non sarebbe cresciuto e se si tagliano le radici l’albero muore. «Tutte le grandi idee andrebbero vanificate e andremmo verso la barbarie, non sapremmo più chi siamo». Muti ha ripetuto il concetto anche rivolgendosi al pubblico al termine del concerto: «L’Europa senza Grecia e Italia non ha senso, il credo dell’Europa è nato qui sotto il Partenone, e noi romani lo abbiamo portato avanti», ha detto fra scrosci di applausi. L’ANTIDOTO Per il maestro la cultura è anche antidoto al disorientamento dei giovani e strumento di integrazione dei migranti: «È un processo lunghissimo, non si risolve dall’oggi al domani ma bisogna pur partire, invece di lasciarli nei centri, bisogna educarli piano piano in una vita dignitosa a capire chi siamo». È anche convinto che le influenze dei popoli rivitalizzeranno la musica, l’incontro dei popoli porterà sicuramente nel tempo, certo non domani, a una forma di linguaggio musicale nuovo, che non è solo quello degli sperimentalismi di molti musicisti di oggi che fanno gran fatica a essere eseguiti e quando lo sono è più che altro per mettere a posto la coscienza di tutti dicendoci che abbiamo fatto qualche cosa per la musica contemporanea, ma non è così. Pensieri alti del maestro ad Atene e nulla di più simbolico per reiterarli che la Nona di Beethoven con i versi di Schiller, che esortano alla fratellanza in un abbraccio universale fra cielo e terra. Il pubblico sembra avere recepito: in questo anfiteatro millenario, con Dionisio e Apollo che attraverso la magia di Muti rivivono nei versi di Schiller e le note di Beethoven, l’applauso in chiusura è travolgente, e la commozione ancora di più. Flaminia Bussotti © RIPRODUZIONE RISERVATA.

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