Berlinale, gli altri italiani e i big negli Special. Sean Penn ‘Superpower’ su Ucraina e Zelensky, Orso d’oro alla carriera a Steven Spielberg

Berlinale, European Film Market, il mercato dei film

Berlino – Dei 19 film in concorso alla 73ma Berlinale uno solo era italiano, Disco Boy di Giacomo Abbruzzese, e ha vinto un Orso d’argento per la migliore fotografica, ma diversi altri correvano nelle altre sezioni fra cui diversi, assieme ad altri big internazionali, in Berlinale Special: eccoli in pillole.

‘L’Ultima notte di Amore’ di Andrea Di Stefano, un thriller con Pierfrancesco Favino nei panni di un poliziotto che proprio l’ultimo giorno prima della pensione si fa irretire per denaro in un losco ingaggio della mafia cinese a Milano: bravissimo nel ruolo, in bilico fra brav’uomo e imbranato, ma bravissima accanto a lui come moglie anche Linda Caridi, assai meno imbranata del marito.

‘Laggiù qualcuno mi ama’ di Mario Martone. Ritratto documentario di Massimo Troisi con documenti e testimonianze inediti. Due napoletani a distanza nella ricorrenza dei 70 anni del regista, attore e sceneggiatore morto nel 1994 subito dopo avere girato il suo capolavoro, Il Postino.

Mario Martone con direttore Carlo Chatrian a film su Massimo Troisi

Encounters:

‘Le Mura di Bergamo’ di Stefano Savona è un documentario girato nella primavera 2020 con lo scoppio della pandemia che ha provocato nella città lombarda una ecatombe umana e psicologica. Molto toccante la ricostruzione di quei giorni e strazianti alcune testimonianze di sopravvissuti.

Generation:

‘La proprietà dei metalli’ di Antonio Bigini. Siamo in un paesino sperduto nell’Italia degli anni ’70. Protagonista un bambino con capacità paranormali e un padre asfissiato da debiti. Ci vuole un professore americano per valorizzare il piccolo e studiare la sua facoltà di piegare i metalli. Fisica e parapsicologia si intrecciano.

‘Mary e lo spirito di mezzanotte’, film di animazione di Enzo d’Alò, è il racconto ambientato a Dublino del forte legame fra Mary e la nonna, con cui la bambina condivide la passione per il buon cibo, e della sua successiva elaborazione del lutto dopo che la nonna si ammala e muore.

Berlinale Series:

‘The good mothers’ di Julian Jarrold e Elisa Amoruso, prodotto dalla Disney. Premiato della sezione Berlinale Series. Ispirato a Denise, la figlia di Lea Garofalo, sul coraggio delle donne dell’ndrangheta che osarono ribellarsi grazie anche alla PM Anna Colace. Fra le attrici spicca Michela Ramazzotti

Berlinale Special:

‘Superpower’: di Sean Penn e Aaron Kaufman. Docufilm di e con Sean Penn che ha trascorso molto tempo in Ucraina e ha avuto diversi incontri con il presidente Volodymyr Zelensky, incluso l’ultimo il 24 febbraio 2022 giorno dell’attacco russo a Kiev. La star americana voleva girare un film sul personaggio del presidente ucraino ex attore ed è diventato invece un film sulla guerra, con lui ripreso spesso in tuta mimetica e dispositivi di sicurezza come il giorno in cui si spingono con la troupe fino a 150 metri dalla linea del fronte: gli era stato sconsigliato ma lui ha voluto rischiare lo stesso. Quando è scoppiata la guerra Penn era per caso a Kiev ma il caso non esiste e così l’attore si è fatto testimone e patriota della causa ucraina e con Zelensky, questa l’impressione che si riceve dagli abbracci ripetuti che si scambiano, è nata un’amicizia. Ogni giorno penso a lui e all’Ucraina col timore che domani non possa esserci più, ha detto alla conferenza stampa: “quest’uomo mi ha mostrato il volto del coraggio e questo coraggio l’ho visto sul volto di tutti gli ucraini”. La “nostra paura è che non lo rivedremo e questa paura mi accompagna tutti i giorni”. Nel film Penn (62) risulta molto segnato e incurante del suo aspetto. Spesso viene ripreso mentre beve e a una giornalista (ucraina) che gli chiede inopportunamente come mai beva tanto l’attore ha grugnito che a questo tipo di domande non risponde e ha taciuto.

 

Helen Mirren con il regista Guy Nattiv e il cast di Golda

‘Golda’, biopic riuscitissimo del regista israeliano Guy Nattiv, grazie anche a una strepitosa, e irriconoscibile, Helen Mirren nei panni di Golda Meir: invecchiata, appesantita, gambe gonfie infilate in scarpacce ortopediche e una sigaretta dopo l’altra in bocca senza soluzione di continuità. La leader israeliana viene ripresa nel momento più drammatico della sua premiership: i 19 giorni della guerra del Yom Kippur (6-25 ottobre 1973) quando gli eserciti di Egitto, Siria e Giordania attaccarono a sorpresa, nel giorno della festa ebraica, la penisola del Sinai e le alture del Golan cogliendo le forze israeliane completamente impreparate e in minoranza. Golda dovette prendere decisioni difficili, spesso da sola e in contrasto con i vertici militari e fu chiamata anche risponderne.

Un aiuto le venne da Henry Kissinger, il segretario di stato Usa con cui aveva un rapporto di fiducia (perfetto Isaac Liev Schreiber nel piccolo cameo). La sua tempra le valse l’attributo di essere “il solo vero uomo in Israele”. Da sola, e in gran segreto, Golda combatteva anche un’altra battaglia, quella contro il cancro linfatico che di lì a cinque anni l’avrebbe uccisa. “Non era una donna assetata di potere, era straordinariamente coraggiosa e il suo impegno per Israele era totale”, ha detto la Mirren paragonandola a Elisabetta I d’Inghilterra, da lei pure interpretata. Per il regista Nattiv, classe 1973, quella guerra fu un trauma, “il Vietnam di Israele”. Ha respinto poi come sterili le polemiche in Israele sulla scelta di affidare il ruolo a una non ebrea: “Mirren è la più grande attrice vivente”, ha detto e in soccorso è arrivato l’attore Lior Ashkenazi, che nel film interpreta il capo di stato maggiore, “e allora con Gesù Cristo come la mettiamo”?

‘She came to me’ di Rebecca Miller con Anne Hathaway e Marisa Tomei. Un po’ commedia, un po’ teatro dell’assurdo, un po’ romance alla Giulietta e Romeo. Una psicanalista e un geniale compositore nano, una capitana di rimorchiatore navale e un mezzo dramma famigliare quando il figlio della coppia (avuto da lei dal primo marito) si mette con la figlia della loro donna delle pulizie. Lui rischia una denuncia perché la ragazza è ancora minorenne ma alla fine, grazie al compositore deus ex machina e alla capitana, i ragazzi vengono imbarcati e traghettati col rimorchiatore in un altro stato, si sposano e tutto si risolve felicemente.

‘Boom Boom! The world vr. Boris Becker! Film di Alex Gibney, uscito appena due mesi dopo l’uscita dal carcere dell’ex campione del tennis dopo otto mesi di reclusione a Londra per reati fiscali. Il docufilm ha sollevato molte attese in Germania dove fra amore e odio l’ex idolo del tennis, precipitato privatamente molto in basso, catalizza sempre molta attenzione. Il film, che segue il giovane Boris nelle sue spettacolari vittorie tennistiche ed è inframezzato da numerose interviste con altre star del tennis mondiale, sarà seguito da una seconda parte (dove forse il focus sarà più sul Boris maturo e le sue molteplici vicende private, amori inclusi). “È stato un privilegio e una sfida fare il film, sono un grande fan di Boris: è anche un grande storyteller che sa raccontare la sua stessa storia”, ha detto il regista. “Ho fatto errori, certo, e ho pagato”, ha detto Boris, “ma la vita da macchina vincente è molto più dura di quanto sembri”, ha detto il 55enne ex campione parlando anche del suo uso di soffineri negli anni di professionista: “bisogna sempre funzionare”, ogni giocatore ha la sua strada per affrontare queste aspettative: “se non vinco soprattutto i tedeschi mi mettono in croce”, era la sua ossessione.

Retrospettive:

Steven Spielberg alla conferenza stampa.

Nella sezione Retrospettive, ma decisamente l’incontro più atteso del festival, Steven Spielberg che ha ricevuto un Orso d’Oro alla carriera e si è prestato a lungo, e pare con gusto, alle domande dei giornalisti. Del regista, produttore, sceneggiatore 76enne americano sono stati mostrati otto film incluso l’ultimo ‘The Fabelmans’ che in Germania esce solo ora dopo il festival. Era tanto che voleva fare un film sulla storia della sua famiglia, sua madre glielo chiedeva sempre, ma la determinazione è arrivata solo con la pandemia, e con tante idee e paure sulla morte, la vecchiaia passategli per la testa. Questo adesso, dopo Schindler’s list prima, è il film che lo ha coinvolto emotivamente di più, ma non c’è un suo film preferito, “sono come i figli, voglio bene a tutti”. Ancora oggi, ha detto, “mi eccito come un bambino quando trovo un libro o una sceneggiatura e mi viene un’idea originale per un film: un’eccitazione seconda solo a quella per la nascita di un figlio”. Ai giovani cineasti Spielberg ha suggerito di partire da una buona sceneggiatura e se non sono in grado di scriverla, di farsi aiutare. Ha parlato poi con orgoglio della sua Shoah Foundation, un’idea maturata quando ascoltava le testimonianze dei sopravvissuti della lista di Schindler. Molti volevano raccontare, sfogarsi, non pensavano neanche che potesse diventare un film. Da qui l’idea di una fondazione per raccogliere queste testimonianze: “questa è diventata la cosa più importante, di cui sono davvero orgoglioso”. La Shoah Foundation raccoglie le testimonianze in tutto il mondo, da quelle di armeni di terza, quarta generazione, a quelle di Sarajevo, alla Cambogia e al Ruanda.

Leggi Articolo Berlinale in pillole Blog 26.2.2023

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.